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Quali sono i modi migliori per trovare lavoro per un giovane italiano?

Premesso che ce ne è poco, in alcuni casi è meno difficile che in altri.

Quando avevo più o meno sei anni mi è stato regalato il camper rosa della Barbie, quello che si poteva aprire e trasformare in una casetta con le sedie pieghevoli e il copridivano a fiori. Inspiegabilmente, a un certo punto nel camper ho iniziato a inscenare dei colloqui di lavoro per l'assistente-infermiera di Doctor Barbie—colloqui che, ancor più inspiegabilmente, si basavano sulle capacità delle candidate di fare capriole e spaccate.

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Circa vent'anni dopo la stessa idea è venuta a Lory del Santo per The Lady, ma nel frattempo quello che ho imparato a proposito di colloqui e lavoro ha perso tutto il roseo del camper.

In Italia la disoccupazione giovanile è circa al 38 percento, e se questo dato—non tenendo conto dei giovani inattivi—non significa propriamente che circa quattro giovani su dieci sono senza lavoro, la realtà rimane che un giovane su dieci lo è.

Premesso questo, in alcuni casi trovare lavoro è meno difficile che in altri, e alcuni metodi risultano più efficaci. Con l'aiuto di Claudio Achilli, selezionatore e consulente aziendale, ho cercato di capire come è meglio muoversi per trovare un posto quando si è giovani e non si sanno necessariamente fare le spaccate.

CHI HA PIÙ POSSIBILITÀ DI TROVARE LAVORO

A quanto emerge dall'annuario statistico 2016 dell'Istat, ad essersi iscritti all'università per l'anno accademico 2014/2015 sono stati poco meno della metà degli studenti usciti dalle superiori—una percentuale che risulta in calo da diversi anni e che varia a seconda dell'area geografica, del genere (da tempo le ragazze che scelgono di proseguire gli studi, in tutte le facoltà, sono una percentuale maggiore rispetto ai coetanei uomini), e indirettamente della classe sociale di appartenenza.

Nonostante quindi l'università oggi riguardi solo un ragazzo su due e la convinzione laurea = lavoro certo sia lentamente sbiadita, chi è laureato ha ancora più possibilità rispetto a chi ha una licenza superiore di trovare lavoro. Nello specifico, a quattro anni dal conseguimento del titolo di studio, nel 2015 lavorava il 43,5 percento dei diplomati, meno della metà rispetto ai laureati, con un tasso di occupazione che cresce esponenzialmente mano a mano che si prosegue con gli studi.

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Achilli dice di aver riscontrato questo dato nella realtà. "Con la premessa che la situazione varia di persona in persona e che alla fine dei conti a fare la differenza è sempre l'individuo," mi dice, "chi ha una laurea sicuramente parte più avvantaggiato rispetto a chi non la ha. Non è semplicemente una questione di titolo di studio: facendo l'università si accumulano una cultura di base e si frequentano ambienti che risultano vincenti quando poi ci si deve inserire nel mondo del lavoro."

Detto questo, alcuni indirizzi di studio sono sicuramente più utili di altri. Se fermadocisi alle scuole superiori un ragazzo che esce da un istituto professionale ha le maggiori possibilità di trovare lavoro, per quanto riguarda l'università, dai dati di Almalaurea relativi al 2015 emerge che ad avere un valore maggiore sono le facoltà scientifiche. Prima su tutte si posiziona Ingegneria, mentre all'ultimo posto si posiziona Conservazione dei beni architettonici e ambientali.

In merito, Achilli ritiene che al di là della propria area di studio, a fare la differenza sia la capacità di ampliare il più possibile il proprio campo di interesse e di acquisire il maggior numero possibile di competenze. "In un mercato del lavoro come quello di oggi bisogna essere flessibili e cogliere ogni occasione per formarsi: questo conta per tutto. Bisogna imparare lingue, acquisire competenze, leggere ed essere aggiornati, non limitarsi al proprio campo d'interesse."

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COME SI TROVA LAVORO

Qualche giorno fa, in occasione di un incontro con alcuni studenti di un Istituto Tecnico Professionale di Bologna, il Ministro del lavoro Giuliano Poletti ha dichiarato che "si creano più opportunità di lavoro giocando a calcetto che mandando in giro curricula."

Come c'era da aspettarsi, la dichiarazione ha suscitato un numero infinito di polemiche, di fronte alle quali Poletti stesso ha chiarito di non aver mai sminuito il ruolo del curriculum, ma di aver voluto sottolineare "l'importanza di un rapporto di fiducia che può nascere e svilupparsi al di fuori del contesto scolastico."

Per quanto infelice, si tratta di una dichiarazione che difficilmente si può negare trovi riscontro nella realtà. Se la maggior parte dei giovani individua proprio nelle conoscenze la chiave per trovare lavoro, Achilli aggiunge: "la propria rete di relazioni è fondamentale nel mondo di lavoro di oggi, a qualunque livello. Bisogna cogliere ogni occasione per allargarla: bisogna frequentare conferenze, associazioni, partecipare a incontri. Anche quando si tratta di cose che non ci interessano direttamente," mi dice.

Prima di tutto, continua, quando si è giovani si è in tempo per scoprire nuove passioni, secondo perché queste possono essere utili per crearsi il profilo quanto più diversificato possibile di cui sopra. Del resto, i dati stessi mostrano come la metà dei giovani trovi lavoro proprio grazie al passaparola, in una percentuale sostanzialmente maggiore rispetto ai concorsi pubblici, alle auto-candidature e all'avvio di una propria attività.

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Rimanendo sui metodi più efficaci per trovare lavoro, credo che ogni giovane nella fase di ricerca prima o poi s'imbatta nell'invio compulsivo di CV. Secondo Achilli, "mandare curricula a pioggia è un errore madornale, perché si va incontro a delusioni sicure. Trovare un lavoro è di per sé un impegno: bisogna dedicarci due-tre ore al giorno, tutti i giorni. Bisogna saper curare la propria immagine e candidarsi per posizioni che, anche se non per lavori ideali, sappiamo ci possono almeno interessare."

Oltre ai noti errori da evitare quando si mandano CV, aggiunge Achilli, bisogna dedicare tempo e attenzione alla stesura di una mail di presentazione: poche righe, ma che mi assicura essere già sufficienti a chi legge per capire se il candidato è veramente motivato.

IN QUALE AMBITO CERCARE LAVORO

Non tutti hanno il lusso di sapere, prima dei 25 anni o quando vogliamo porre l'asticella della maturità, qual è il lavoro che vorranno fare quasi tutti i giorni per quasi tutto il resto della loro vita.

È un discorso che ha origini già alle superiori. Secondo un rapporto di Almalaurea del 2016, uno dei principali tratti degli studenti italiani è quello di pentirsi del percorso scolastico intrapreso. A luglio del 2016, con numeri che variano di indirizzo a indirizzo, circa quattro studenti su dieci avrebbero scelto un percorso di studi diverso da quello intrapreso.

Non a caso, Achilli individua in questo il nodo principale da sciogliere prima immettersi nel mercato del lavoro: "Prima di provare a entrare nel mercato del lavoro bisogna darsi un obiettivo. Bisogna, a un certo punto, cercare di focalizzare cosa ci piacerebbe fare, dove risiede la nostra passione, dove possiamo trovare il nostro talento, e da lì allargarsi," mi dice.

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Si tratta di un discorso che i giovani italiani conoscono indirettamente bene. Al di là degli studenti che cambiano idea sul voler fare o meno l'università (uno su dieci abbandona), circa due studenti su dieci a un anno dal diploma decidono di cambiare ateneo o corso di laurea, mentre circa tre studenti su dieci si dichiarano insoddisfatti della propria scelta.

Nonostante questo, i dati mostrano una certa coerenza, andando avanti con gli studi, tra la facoltà scelta e il suo sbocco professionale. Tuttavia, se questa corrispondenza esiste per le facoltà più specialistiche, il consiglio di Achilli è quello di non limitarsi alla propria area di interesse, e anzi di partire da questa per espandere i propri interessi: "Una volta trovata una cosa che ci piace," mi dice, "l'errore da evitare è di focalizzarsi esclusivamente su un obiettivo: si tratta di una tattica riduttiva, bisogna espandersi. Ti piace musica? Studia anche teatro, e così per il resto delle tue passioni. E poi in quell'area, sfrutta qualsiasi cosa ti possa risultare minimamente utile. È così che si sviluppa un profilo che trova collocamento sul mondo del lavoro," mi dice.

QUANTO SONO UTILI GLI STRUMENTI DEL GOVERNO

Nella mia testa, il centro per l'impiego è il luogo massimo della burocrazia, un posto dai meccanismi misteriosi e nel quale fortunatamente non mi è mai capitato di metter piede.

A quanto pare, non è stata una grande perdita per la mia carriera lavorativa. Per quanto si tratti di una statistica risalente al 2013, solo il quattro percento dei giovani trova lavoro tramite il centro per l'impiego, e con le ultime norme sulle province si tratta di luoghi che sembrano essere ancora più comunemente scenario di caos, sovraffolamento e inefficienza.

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In linea con questi dati, Achilli nei loro confronti si mostra scettico. "Sia chiaro, qualsiasi metodo è meglio di niente. L'importante è muoversi, e fornire il proprio profilo in una banca dati è sicuramente qualcosa. Ma sinceramente, nel mondo del lavoro attuale, nutro molti dubbi sulla loro utilità."

Un discorso simile, sostiene, vale per i servizi di Job Placement delle università: "Si tratta spesso di strumenti gestiti da persone molto giovani, che hanno poca esperienza con il mondo del lavoro," mi dice. "Possono essere utili per crearsi contatti e per avere dei consigli sulle aziende che possono interessare, ma non mi affiderei esclusivamente a questi mezzi per trovare lavoro."

Con lo scopo di ridurre la disoccupazione giovanile, o più precisamente il numero di NEET, nel 2014 è poi nato Garanzia Giovani—il piano europeo che attraverso l'erogazione di fondi si propone di aiutare i ragazzi tra i 15 e i 29 anni a trovare lavoro.

Il suo rinnovo risale a pochi giorni fa, ma nonostante le premesse iniziali, i risultati a cui ha portato sono contrastanti e soprattutto gli ultimi dati sembrano mostrare che per adesso avrebbe fallito nel suo intento iniziale: se la disoccupazione giovanile è diminuita di qualche punto percentuale rispetto al 2014, il numero dei NEET è ancora altissimo e vede l'Italia seconda tra i paesi OCSE, dietro solo alla Turchia.

In conclusione, per adesso giovani si trovano praticamente da soli a dover riuscire dove il governo non riesce a intervenire. Gli strumenti a disposizione per trovare lavoro sono pochi, e i modi per renderlo più facile sembrano essere farsi piacere le materie scientifiche, aver voglia di studiare ed essere circondati da persone lavorativamente interessanti e magari anche interessate a te. Per il resto in bocca al lupo.

Thumb via Flickr. Segui Flavia su Twitter