Immaginate la quantità di pizzerie chiuse da settimane a causa del coronavirus: niente pizzerie uguale poca richiesta di mozzarella. E quella che usate per fare le pizze che postate su Instagram non basta a riaprire linee produttive fatte di operai che, giustamente, hanno paura di andare al lavoro. “Le pizzerie occupavano il 40% del nostro business,” mi ha detto Benito La Vecchia, del caseificio Il Casolare di Alvignano. “Ci sono dei costi molto alti per un caseificio e se togli il passaggio di clienti, e i locali, ti conviene chiudere per un po’.” In mezzo alla telefonata, Benito mi dice anche come molti caseifici piccoli non siano considerati delle industrie, ma artigianato, e il Governo nei suoi innumerevoli decreti non ha fatto menzione della categoria. Quindi niente aiuti."ll problema è che le linee produttive si trovano spesso nelle aree più colpite dal coronavirus e sono quindi in buona parte ferme.”
La domanda dei supermercati per latte e formaggi, dall'altra parte, non sembra calare, e questo è il momento in cui gli allevatori hanno una sovrapproduzione, ma i caseifici e le industrie se la passano male tra personale dimezzato, nuove norme che rallentano la produzione e un intero settore - la ristorazione - quasi totalmente chiuso.I dati parlano di una sovrapproduzione del 10% dovuta al periodo florido della mungitura e alla chiusura di molti ristoranti e pizzerie. Che si traduce in 7,5 tonnellate di latte in eccesso.
Ad aprirmi diversi interrogativi sull'argomento l’e-mail di una produttrice di latte arrivata alla redazione, dove si spiegava come la sua posizione somigliasse a quella di una segretaria incatenata alla sedia e costretta a lavorare anche se tutto è fermo. “In questo momento per noi è un’incognita quello che succederà con i prezzi del latte dal mese prossimo”, mi dicono Arianna Bandi e suo padre Marco, che hanno un’omonima azienda di latte vaccino nel pavese. “Alcune aziende e associazioni ci hanno esplicitamente chiesto di abbassare la produzione, ma questo è il periodo dell’anno in cui le vacche producono di più e rallentare vuol dire creare uno scompenso alle bestie, che ci mettono otto mesi a riprendersi.” Di mandarle al macello non se ne parla, visto che nel caso delle mucche da latte si macella quando sono vecchie; le vacche vecchie sono destinate al mercato degli hamburger e, anche in questo caso, una buona parte di questo mercato è chiusa. McDonald’s ha chiuso, per farvi capire."Fai conto che il latte italiano è pari al 58%, il resto viene dall’estero. In casi normali il latte in eccesso si assorbe. Ora i magazzini cominciano a essere pieni."
Se da un lato ci sono aziende casearie molto grandi, che stipulano contratti con gli allevatori direttamente fissando un prezzo (ma anche qui è da vedere se i contratti verranno modificati), dall’altro i caseifici medio-piccoli vengono riforniti da cooperative, che si basano invece sull’andamento del mercato. Pierluigi Maccazzolla, presidente della cooperativa San Rocco di Magenta, ha cercato di farmi capire cosa sta succedendo: “Fai conto che il latte italiano è pari al 58%, il resto viene dall’estero. In casi normali il latte in eccesso si assorbe. Ora i magazzini cominciano a essere pieni e si stanno raggiungendo picchi minimi di vendita con qualcuno che vende a 22-24 centesimi.”Anche la pesca se la passa male: in Sicilia c'è un calo di vendite del 90% in alcune zone.
Il signor Auricchio mi spiega anche che l’export di latte e formaggi italiani è diminuito. Questo perché pensano che la merce che viene dall’Italia abbia il virus, o qualcosa del genere.