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NO TAV

Battaglie navali e Venezia blindata: cosa è successo ieri al vertice tra Italia e Francia

In una Venezia blindata oltre ogni misura con zone rosse, no-fly zone, tiratori scelti e centinaia di poliziotti schierati, il pomeriggio dell'8 marzo 2016 si è tenuto il vertice italo-francese a Palazzo Ducale: ecco cosa è stato deciso.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Foto di Michele Lapini/VICE News

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In una Venezia blindata oltre ogni misura con zone rosse, no-fly zone, tiratori scelti e centinaia di poliziotti schierati, il pomeriggio dell'8 marzo 2016 si è tenuto il vertice italo-francese a Palazzo Ducale.

Matteo Renzi e François Hollande – accompagnati da venti tra ministri e sottosegretari – si sono incontrati per discutere di immigrazione, Libia, terrorismo internazionale e i cantieri dell'alta velocità tra Torino e Lione.

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In mattinata, invece, si sono tenuti due cortei – uno sulla terraferma e uno acqueo – che hanno attraversato la città. Nelle settimane precedenti, infatti, il movimento No Tav aveva annunciato una giornata di protesta, invitando "tutti i Comitati e le realtà attive sul territorio veneto e non solo a mobilitarsi insieme a noi, per continuare la battaglia più ampia per la difesa dei territori e contro le speculazioni dei governi italiano ed europeo."

Sulla cronaca locale si riportavano inoltre i timori per la presenza di "gruppetti di anarco-insurrezionalisti pronti a entrare in azione in modo autonomo in centro storico per protestare contro i due governi." Tommaso Cacciari, uno degli organizzatori, aveva detto che "chi pensa che la città sarà imbrattata e violentata si sbaglia di grosso. Sarà una festa."

Foto di Michele Lapini/VICE News

Il concentramento, comunque, inizia verso le dieci alla stazione di Santa Lucia, sotto una pioggia battente.

La composizione della piazza appare sin da subito eterogenea: oltre ai No Tav partiti in nottata dalla Val Susa e i No Tav Terzo Valico, tra gli altri sono presenti il Comitato No Grandi Navi, i comitati Trivelle Zero e No Ombrina, Stop Biocidio di Napoli, i centri sociali del Nord Est, i No dal Molin di Vicenza e gli studenti medi, che fin dalle otto di mattina hanno picchettato le scuole di Venezia.

Il corteo "par tera e par mar" si muove dalla stazione verso le 10.45 e si snoda per le calli e i canali, seguendo il percorso stabilito. I manifestanti – stimati tra le cinquento e le mille persone – reggono striscioni e intonano vari slogan, tra cui "fuori le navi dalla Laguna" e "la Val Susa paura non ne ha."

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Verso mezzogiorno i due spezzoni arrivano a Punta della Dogana, avvicinandosi al luogo dove si terrà in seguito il vertice. È in questo momento che le imbarcazioni cercano di passare l'imponente schieramento delle forze dell'ordine nel canale della Giudecca, che a loro volta usano gli idranti per disperdere la manifestazione marittima.

Foto di Michele Lapini/VICE News

Ne segue una specie di "battaglia navale," che si protrae per più di un'ora.

Le barche della polizia speronano a più riprese quelle degli attivisti, che rispondono lanciando fumogeni rossi. Alle 13 scatta la zona rossa, con relativo divieto di navigazione esteso a tutto il bacino di San Marco, ma i manifestanti la violano per circa mezz'ora. Ad un barchino, circondato dalla polizia, viene tranciato il timone; complessivamente, però, non si registrano altri danni.

Poco dopo, la manifestazione raggiunge nuovamente la stazione dei treni e si scioglie.

"È stata una giornata importante di lotta sotto molti aspetti," dichiara l'attivista Marco Baravalle. "Abbiamo dimostrato che c'è vitalità contro un modello di sviluppo basato sulle grandi opere che viene imposto in maniera non democratica sulle comunità che vivono e che difendono i territori."

Nel frattempo – sempre per l'entrata in vigore della zona rossa nella zona di San Marco – i monumenti sono interdetti al pubblico e i negozi vengono chiusi, provocando il disorientamento dei turisti. Intorno alle 17 il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, accoglie in piazza San Marco il presidente francese e il presidente del consiglio italiano; e i vari cerimoniali danno poi inizio al vertice, dedicato a Valeria Solesin.

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Al termine delle discussioni, Renzi e Hollande firmano il protocollo addizionale "per l'avvio dei lavori dell'alta velocità Torino-Lione". Il documento è siglato anche dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e dal segretario di stato francese per i trasporti Alan Vidalies, che hanno specificato come la realizzazione della linea sia "una priorità per entrambi i governi."

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Il comitato No Tav "Spinta dal bass," dal canto suo, ha ricordato su Twitter che "gli accordi Italia-Francia" sul tema "sono una moda che non passa" e risale al lontano 2001, quando Amato e Chirac firmarono a Torino il primo accordo intergovernativo per la realizzazione del Tav.

Per quanto riguarda lo stato effettivo dei lavori, già prima della manifestazione il movimento No Tav aveva parlato di "una sola galleria messa per traverso rispetto a quello che dicono sarà il tunnel vero e proprio che dovrebbe attraversare le Alpi."

In più, continua il post di notav.info, "il tunnel di base, che oggi appare ancora molto lontano, prevederebbe 2 gallerie lunghe 57 km. Mentre oggi quello "esplorativo" è arrivato a 4 km in 4 anni sugli 8 previsti, considerando la dichiarazione di apertura del cantiere." Tra ritardi e costi aumentati, insomma, siamo di fronte a un'opera "che si è già rivelata un pozzo senza fondo."

Nessuno ha la più pallida idea di quando inizieranno davvero e finiranno i lavori della Torino - Lione. — notav.info (@notav_info)March 8, 2016

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Nel corso della conferenza stampa, comunque, Hollande ha detto che la "Torino-Lione è un tema che anima i vertici franco-italiani da una ventina d'anni," e che Matteo Renzi "può essere quello che ha messo fine a tutte le discussioni propedeutiche a questi lavori."

Peccato che, se si ripescano alcune dichiarazioni di Renzi, questo ruolo sia piuttosto paradossale. Nel 2013, infatti, l'allora sindaco di Firenze aveva definito il Tav Torin-Lione un investimento che rischia di essere "fuori scala e fuori tempo," spiegando inoltre che si trattava di "soldi impiegati male." In un tweet, poi, aveva ulteriormente rincarato la dose: "Oggi non farei la Torino-Lione, ferma restando la solidarietà a carabinieri e lavoratori. Manca una visione del Paese."

A tre anni di distanza, evidentemente, quella visione è arrivata – e contempla al suo interno un'opera che solo qualche tempo l'attuale premier considerava "inutile."

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