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Young Bucks

Dobbiamo conquistarci tutto

Fausto Raciti, presidente dei Giovani Democratici, è il protagonista della quinta puntata di Young Bucks.

Cosa spinge i ragazzi della nostra generazione, quelli che devono ancora compiere trent'anni o quasi, a impegnarsi a entrare nella politica? Cerchiamo di scoprirlo con questa rubrica.

Fausto Raciti è un ragazzo di 28 anni, presidente dei Giovani Democratici e candidato alla camera dei deputati in quinta posizione nella circoscrizione Sicilia II. "In posizione eleggibile," come mi dice sorridendo Fausto. È molto amato qui a Roma al congresso dei giovani del PD. Quando arriva riceve il cinque di conoscenti e amici, e prende al volo un ragazzo che si lancia per abbracciarlo. Qualche mese fa è stato riconfermato segretario con oltre l'83 percento delle preferenze e quando il suo nome viene annunciato dallo speaker tre ragazzine adolescenti applaudono e urlano il suo nome, come per un cantante di X-Factor o Amici.

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La sala è piena e l'atmosfera è da gita scolastica, nonostante la presenza di alcune personalità importanti del PD, come Fassina. Molti sono venuti con la propria compagnia e durante i messaggi Skype dei movimenti socialisti francesi gemellati al PD si fotografano su Instagram, aggiornano Twitter e Facebook e parlano di ragazzi scopabili a scuola.

I ragazzi del PD romano sono particolarmente attenti al loro look. Le ragazze portano mantelle e trecce attorcigliate come un blueprint di Gehry; i ragazzi capelli lunghi, Clarks ai piedi e sciarpe di cachemire a righe colorate che dicono "ho imparato a essere di sinistra guardando i film di Bertolucci."

Riesco a parlare con Fausto solo per qualche minuto che mi viene concesso fuori dalla sala del congresso, dopo la fine del primo dei suoi discorsi, mentre è continuamente interrotto da suoi sottoposti che gli chiedono cosa fare.

"Mi sono avvicinato alla politica un po' per motivi famigliari-i miei genitori, i miei zii, i nonni militavano tutti fra PC e socialisti- un po' per esperienze scolastiche personali. Io ho iniziato più a destra dei miei, al Liceo ero fra i DS, ma mi consideravo nella corrente liberal del partito, poi la crisi e il mio vissuto mi hanno portato più verso posizioni di sinistra. Sai magari parti sempre convinto di avere ragione su qualcosa, e che gli altri non capiscono niente, poi inizia la tua vita vera e capisci come funzionano le cose. A me è successo vedendo le persone non riuscire ad arrivare alla fine del mese. La cosa curiosa è che il mio percorso politico è iniziato per 'colpa' di altri. All'inizio al liceo non mi interessavo molto di politica, non sentivo neanche una particolare predisposizione alla leadership. Poi amici e compagni a scuola mi hanno chiesto di fare il rappresentante di classe. Mi dicevano 'provaci, secondo noi tu hai le capacità per farlo.' E così è iniziato, molto in piccolo, dato che non ho nessuno in famiglia dentro partiti o in posizioni di potere. Quello che sono riuscito a ottenere l'ho fatto solo grazie al mio lavoro con i miei coetanei."

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Fausto è cresciuto ad Acireale, in provincia di Catania e considera questo un punto importante della sua persona. "Crescere ad Acireale è stata una fortuna. La mia è una città molto conservatrice. Nel 1994 addirittura elegge come sindaco l'ex segretario del Partito nazionale Fascista, un ottantenne. E nonostante il grande movimento di trasformazione che la Sicilia sta affrontando-pensiamo alle ultime elezioni regionali-Acireale è ferma alle sue posizioni storiche cattoliche e conservatrici. Però c'è comunque un fortissimo senso di comunità, come accade in molte città del Sud. E sapere che c'è un legame, che sei alla fine così unito al destino degli altri, è una cosa che permette a una città decadente e un po' in declino e triste come Acireale di esprimersi umanamente come capita in pochi altri luoghi. È stato bello viverci e crescere lì. Credo che valga la pena scommettere sulla città per migliorare le cose, perché credo che se lo meriti."

Fausto è il fondatore del Movimento dei Giovani Democratici, che all'inizio non sarebbe dovuto nemmeno esistere. "A 22 anni, nel 2007, sono stato eletto Segretario nazionale della Sinistra Giovanile. Quando però venne fondato il PD ci dissero che un movimento giovanile sarebbe stato superfluo, che nel PD i giovani sarebbero stati automaticamente una parte importante e rilevante del partito. Io non ero d'accordo, perché sono dell'idea che i giovani riescono a far valere il loro punto di vista se riescono a organizzarsi insieme e ho dovuto insistere parecchio con Veltroni all'epoca per far accettare l'idea di questo movimento. Alla fine, però, mi hanno dovuto dare ragione, il nostro apporto è sentito e importante. Per esempio, la nostra priorità, in questi anni è stata la battaglia sugli immigrati di seconda generazione, perché nonostante nati in Italia, non sono considerati cittadini italiani fino a 18 anni, e questo ci sembra incivile. Sono state accolte al punto tale che ora fanno parte dell'agenda del PD per il prossimo governo." Chiedo anche a lui, come tutti gli altri, della sua esperienza a contatto con i giovani disillusi dalla politica. "Mi è successo qualche giorno fa di visitare le classi di quinta di un liceo della mia città, Acireale. La diffidenza è molto percepita. Bisogna sfidarla partendo dalla dimostrazione che si può fare politica in una maniera diversa da come solitamente viene raccontata. Concretezza, quotidianità e generosità dell'impegno. Quando sento il ragazzino che mi dice la classica frase 'non mi interessa la politica, tanto siete tutti uguali' gli dico attento, che se non decidi tu con la tua testa, lo farà qualcun altro per te. La nostra generazione deve capire che dobbiamo conquistarci tutto, come hanno fatto i nostri genitori alla nostra età. Non dobbiamo aspettarci nessun regalo. E questo si fa solo attraverso la politica."

Quando gli chiedo se si ricorda la prima volta che ha vissuto qualcosa che gli ha fatto dire ecco, questo significa fare politica, mi parla subito di suo padre, un ingegnere "Non è un vantaggio essere un ingegnere di sinistra ad Acireale, in un posto in cui gli incarichi te li danno gli amici e i DS prendevano il 4 percento," ci tiene a sottolineare. "Mi ricordo che lo vedevo tornare a casa la sera tardi-puzzava di fumo in maniera insopportabile per le interminabili riunioni a cui partecipava sempre-stanchissimo, perché prima aveva anche lavorato dieci ore. Ricordo che pensavo come quella fosse la politica. Un impegno generoso, gratuito, fatto in buona fede e fatto per dare un contributo civico."

Gli chiedo quindi quali siano le differenze fra il modo di fare politica della generazione del padre e la sua. "La loro aveva sicuramente un'ideologia più forte e forse una maggiore fiducia nel futuro. La nostra si sente imbrogliata e questo ci spinge a essere diffidenti nei confronti di tutto e quindi anche della politica stessa."

Segui Matteo su Twitter: @bknsty

Nella puntata precedente: Le mie idee sono rivoluzionarie