L'Inghilterra in bianco e nero alla fine del XX secolo

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L'Inghilterra in bianco e nero alla fine del XX secolo

Le foto di Chris Killip, il "cronista della deindustrializzazione".

Foto editor: Nicolas Poillot

Innanzitutto, sappiate che Chris Killip è uno dei nostri fotografi preferiti di sempre. Se avete meno di 30 anni, che vi interessiate di fotografia o abbiate una cartella dedicata alle foto di Martin Parr e Tom Wood sul vostro portatile, è a lui che lo dovete. Oltre ad aver influenzato i principali esponenti della fotografia contemporanea, Killip è uno degli ideatori del genere fotografico che più amiamo, quello che mischia giovani, povertà, droga, alcol, paesaggi desolati e violenza.

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Fino al 19 agosto, lo spazio espositivo Le BAL di Parigi gli dedica una retrospettiva intitolata What Happened Great-Britain, dove ritroviamo scatti realizzati tra il 1970 e il 1990, anni nel corso dei quali l'Inghilterra ha subito enormi trasformazioni che hanno spinto la classe operaia nel baratro e i punk nella droga. Abbiamo incontrato Killip per sapere qualcosa di più sul suo interesse per quell'epoca.

VICE: Ciao Chris, come va?
Chris Killip: Bene, grazie.

Cosa pensi dell'indifferenza dimostrata dall'Inghilterra nei confronti dei tuoi lavori rispettoper esempioalla Germania, che in questo senso appare molto più sensibile e interessata?
È strano, soprattutto considerate le differenze tra i due Paesi—ad esempio, il fatto che la Germania sia tutt'oggi una potenza industriale. In Gran Bretagna la produzione di automobili si è fermata, mentre in Germania hanno Volkswagen, Mercedes, Audi, Porsche e BMW. Lo stesso per il settore carbonifero, navale o siderurgico. Mi ritengo una sorta di "cronista della deindustrializzazione". Ad ogni modo non so quando sarà possibile esporre i miei lavori in Inghilterra, ma verosimilmente non nel 2012.

La mia teoria è che forse le tue fotografie sono collegate a una parte della storia inglese di cui nessuno ha più voglia di sentir parlare.
Sì, è vero. Il mio lavoro è incentrato sul nord dell'Inghilterra e sul modo in cui, nella seconda parte del Ventesimo secolo, il governo abbia voltato le spalle a quelle zone. Si avvicinano le Olimpiadi, e Londra ospita molte mostre celebrative, un immaginario da cui le mie foto si discostano abbastanza.

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Facciamo un passo indietro. Ho letto che nel 1964 hai iniziato la tua carriera fotografando la gente in spiaggia con l'idea di lasciare l'Isola di Man, dove vivevi. È così?
A dire il vero, ho fatto quel lavoro per un'estate intera proprio con l'idea di guadagnare abbastanza per potermi trasferire a Londra!

E qualche anno dopo, nel 1969, hai deciso di tornare sull'isola per scattare delle foto. "Vere" foto, però.
Sì, era un posto che conoscevo molto bene e al quale tenevo. Ci sono nato. L'isola si stava trasformando in un paradiso fiscale, sentivo che ci sarebbero stati dei cambiamenti e la cosa mi interessava.

Sei ancora affezionato a quei luoghi?
No, a essere sincero non mi interessano più granché. Vivere in un paradiso fiscale è piuttosto deprimente, e credo che non potrei mai tornarci. I valori della gente che abita in posti simili sono molto diversi dai miei.

Già, in effetti sembri legato più alla gente comune, alla classe operaia. Sono quelle le tue origini?
Sì, vengo dalla classe operaia e attribuisco molta importanza alla vita delle persone comuni.

Immagino che i punk, mod e skinhead che hai fotografato arrivassero proprio dai quartieri popolari.
Già, il punk mi ha interessato fin da subito. All'inizio degli anni Ottanta abitavo nel Tyneside, a nord. La scena punk era molto vivace, e i ragazzi occupavano le case abbandonate per fare concerti. I gruppi arrivavano da ogni dove. Non c'era niente di commerciale, in quell'ambiente.

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Certamente.
Era elettrizzante, tutto così illegale, indipendente, anticonformista e completamente nuovo. Ho immediatamente pensato valesse la pena fare delle foto.

E che facevano persone del genere sulla spiaggia?
Credo ci andassero per sniffare colla. Purtroppo non so che fine abbia fatto la maggior parte di loro.