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CSI Afghanistan

Il Dipartimento di Tecniche Criminali di Kabul è il primo e unico reparto di medicina legale del paese, e i suoi 102 tecnici si occupano di oltre 300 nuovi casi al mese.

Foto di Roc Morin

Il corpo decapitato è stato trovato in mezzo a una strada nella provincia di Helmand. Appuntato sul suo petto c'era un biglietto macchiato di sangue con su scritto: "Chiunque si presenterà al funerale di quest'uomo farà la sua stessa fine." La polizia nazionale afghana aveva fermato diversi sospettati, ma nessuno voleva parlare. È in questi casi che viene chiamato in causa il primo, e unico, reparto di medicina legale del paese: il Dipartimento di Tecniche Criminali di Kabul.

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Il DTC ha affidato il caso a Noorullah Sangarkhil. Analizzando il biglietto con un apparecchio a sensori digitali del valore di quasi 100mila dollari che ha imparato a usare da un tecnico della NATO, Noorullah è stato in grado di risalire alla grafia di uno dei sospettati fermati dalla polizia. Così, grazie alla cattura dell'assassino, il corpo decapitato della vittima ha potuto avere un degno funerale.

Mi sono recato in visita al DTC con una scorta di sei uomini. Qui in Afghanistan la quantità di protezioni che i soldati NATO scelgono di indossare è indicativa dell'opinione che hanno degli afghani con cui entrano in contatto. Una volta arrivati al laboratorio, i militari si sono liberati delle protezioni tenendo solo i fucili, mentre i pesantissimi giubbotti e gli elmetti anti-proiettile sono rimasti sul nostro SUV blindato. "Questi sono tutti bravi ragazzi," mi ha spiegato il consigliere David Jacobson. "Tengono molto a quello che fanno. Voglio dire, si presentano al lavoro ogni giorno, il che non è sempre una certezza in questo paese."

Il direttore del reparto di medicina legale, l'affabile colonnello Ayaz, ci ha accolti all'ingresso invitandoci nel suo ufficio per un tè. "Se gli uomini non prendono il tè, vuol dire che c'è di mezzo uno scontro," ha scherzato con il traduttore prima di cominciare a descriverci la struttura. Fondato nel 2003 dalla NATO, il DTC occupa un piano del Ministero dell'Informazione. I suoi 102 tecnici si occupano di oltre 300 nuovi casi al mese.

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Prima dell'esistenza del DTC, per fare un esempio, gli ordigni esplosivi improvvisati (IED) trovati dalle Forze di Sicurezza Nazionale afghane venivano immediatamente distrutti. Adesso, invece, molti degli agenti sono stati addestrati a raccogliere prima le prove, per poter cercare di risalire ai responsabili. Dopo la nostra chiacchierata il colonnello ci ha invitati a fare un giro del reparto.

Nel laboratorio di balistica, dove i fucili d'assalto sequestrati erano accatastati su ogni superficie disponibile, il carico di lavoro sulle spalle del DTC era evidente. La squadra, composta da cinque uomini, lavora a ritmi serrati per tenere il passo. Per analizzare i proiettili si servono di un solo microscopio—l'unico dispositivo del genere disponibile in tutto il paese, donato dalla Germania in occasione dell'apertura del laboratorio. "Ne abbiamo uno," mi ha fatto notare un tecnico, "ma ce ne servirebbero dieci." In risposta alle loro preoccupazioni, un altro dipartimento di medicina forense è in costruzione ad Herat, e dovrebbe aprire questo autunno.

Il tour è proseguito. Nel corridoio abbiamo superato una stanza: sulla porta c'era una targhetta con su scritto "DNA". "Quattro anni fa," ci ha spiegato il colonnello Ayal, "non sapevo quasi cosa fosse il DNA. Ora, il nostro personale è stato addestrato ad eseguire le analisi; stiamo solo aspettando che arrivi l'attrezzatura adeguata."

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Nel laboratorio per l'analisi delle impronte digitali ho incontrato il capo tecnico, il colonnello Gulzar Ali. Gli ho chiesto, con l'aiuto del traduttore, perché avesse scelto quella professione. Sulla faccia gli si è aperto un sorriso. "Ero un insegnante di fisica e chimica," mi ha spiegato, "ma trent'anni di guerra mi hanno portato qui. Questo è l'unico dipartimento del Paese che sa quali persone dicono la verità e quali mentono. La democrazia dipende da questo."

Il colonnello Ali mi ha mostrato un fascio di carte: tutti i casi su cui stava lavorando. Ha estratto un foglio dal mucchio. "Questo è il caso di una ragazza uccisa con un colpo di arma da fuoco. La famiglia ha dichiarato che si tratta di suicidio, ma le impronte sulla pistola non erano sue. Appartengono a qualcun altro."

"Gli afghani sanno che le impronte digitali possono renderli identificabili?", ho chiesto.

"Molti no," ha risposto. "Forse il 20 percento, quelli istruiti."

"La cosa dovrebbe facilitarvi il lavoro."

"È così."

"Quale, fra i casi risolti, la rende più orgoglioso?"

"Oh, ce n'è uno in particolare. Una donna era stata uccisa da un funzionario del governo. Lui negava, ovviamente, ma grazie alle impronte lasciate sulla pistola siamo riusciti a dimostrare che era lui il colpevole. Le prove sono state trasmesse alla corte."

"Cosa è successo al funzionario?"

"È un uomo di potere, quindi è ancora a piede libero." Il colonnello ha sfregato pollice e indice, alludendo al denaro. "In questo paese alcuni criminali finiscono in prigione, mentre altri rimangono in libertà grazie alle loro conoscenze."

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"E cosa pensa di simili fatti?"

"È doloroso sapere che lavoro giorno e notte per catturare i criminali, e poi loro, grazie alla corruzione, riescono a farla franca."

"Come si chiama il funzionario?", ho chiesto.

Il colonnello Ali ha esitato per un momento prima di lanciarsi in un lungo monologo in dari. Quando ha finito, ho guardato l'interprete.

"Dice che non lo sa."

"Non lo sa, o non può dirmelo?"

L'interprete ha scambiato ancora qualche parola con il colonnello.

"Sostiene di non saperlo."

"Ha paura di esporsi troppo?" ho chiesto.

"Sì," ha annuito l'interprete. "Credo di sì."

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