Attualità

A Ferrara tolgono le panchine dai parchi ma riempiono le scuole di crocifissi

L'amministrazione leghista deve avere una strana concezione dei "servizi al cittadino."
Leonardo Bianchi
Rome, IT
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Un cartello di protesta su una panchina di Ferrara. Foto per gentile concessione di GAD Ferrara - Gruppo Anti Discriminazioni.

Uno dei miti persistenti sulla Lega è che sia un partito che a livello locale amministra bene—nonostante qualche volta abbia delle idee, diciamo così, discutibili. Tuttavia, sono proprio quelle idee discutibili a costituire il cuore dell’azione amministrativa leghista.

Nell'ultimo anno abbiamo visto provvedimenti come le mense differenziate a Lodi, oppure la chiusura di una fontana in provincia di Cuneo per un inesistente utilizzo improprio da parte di fantomatiche “donne rom,” o ancora—sempre per rimanere in tema—la smuratura di una fontanella a Ventimiglia usata da migranti e senzatetto.

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Gli ultimi episodi in ordine cronologico arrivano invece da Ferrara, il comune emiliano espugnato per la prima volta dalla Lega lo scorso maggio. La settimana scorsa l’assessore alla sicurezza nonché vicesindaco Nicola “Naomo” Lodi (che avevamo conosciuto bene ai temi delle barricate di Gorino) ha annunciato in pompa magna l’avvio dell’operazione “Parchi sicuri”.

“È un’azione forte che ero certo avrebbe creato allarme,” ha detto Lodi in una diretta Facebook. “Ma non toglieremo tutte le panchine, solo quelle dedite allo spaccio perché nascoste e isolate, che verranno riposizionate vicino alle giostrine.”

Ma dietro la stramba idea per cui spostare delle panchine riesca a fermare la compravendita di stupefacenti sembra esserci ciò che già più di vent’anni fa aveva animato il sindaco-sceriffo di Treviso Giancarlo Gentilini: un innocuo arredo urbano diventato una minaccia in quanto “usato dagli immigrati.”

Solo che le conseguenze le paga l’intera cittadinanza, che non a caso si è mobilitata sia sui social con l’hashtag #lasciatecilepanchine che su strada. Questa domenica un centinaio di residenti ha manifestato nei giardini sotto il cosiddetto “Grattacielo” (un grosso palazzo vicino alla stazione di Ferrara) e al parco dell’Amicizia in viale Krasnodar. Stando al sito Estense.com, molti si sono lamentati del fatto che la rimozione “non serve a nulla e di certo fa più male a noi che agli spacciatori.”

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Qualche giorno fa, poi, la giunta guidata da Alan Fabbri ha raddoppiato con un’altra grande fissa della Lega: i crocifissi nelle aule. In vista dell’avvio dell’anno scolastico, l’amministrazione ha ordinato ben 385 crocifissi per una spesa totale di 1700 euro.

Il sindaco ha spiegato al Resto del Carlino che “senza fare clamore posizioniamo un crocifisso. Crediamo sia simbolo, oltre che religioso, di identità storico-culturale, di pace e di amore, aperto a tutti e legato alle nostre radici cristiane e al rispetto delle tradizioni.”

A parte il fatto che l’espressione “senza fare clamore” mal si concilia con interviste, dichiarazioni e post su Facebook, l’acquisto di questi crocifissi ha causato non poche critiche da parte di sindacati e insegnanti—soprattutto perché quel simbolo non risolve certo i “problemi endemici” (e molto poco “identitari”) che affliggono le strutture scolastiche.

Persino la diocesi di Ferrara e Comacchio ha espresso velate perplessità. “Il crocifisso, prima che un simbolo di identità culturale e religiosa, è la realizzazione concreta dell’amore di Cristo per tutti gli uomini,” ha affermato il vescovo Gian Carlo Perego, “e attende da ciascuno una risposta coerente con ciò che propone.”

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