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Muco selvaggio

L’arrivo dell’influenza d’inverno è strano come il sudore d’estate, e a meno che non faccia una strage è odioso tirarla lunga tutte le volte.

Nelle prigioni inglesi, durante la pandemia di febbre suina, il gel per le mani andava come il pane. Assassini, ladri e disperati facevano la fila per prendere la loro dose, e le guardie pensavano di aver finalmente trovato qualcosa che li spaventasse. Era un rifornimento continuo, il nuovo trend carcerario, finché non si scoprì che il gel conteneva alcol, che i prigionieri erano sempre sballati e che la febbre suina era stata una benedizione.

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L’arrivo dell’influenza d’inverno è strano come il sudore d’estate, e a meno che non faccia una strage è odioso tirarla lunga tutte le volte. Tuttavia, non riesco a restarle indifferente. Retaggi ancestrali, influenze astrali, naso intasato. Cercherò quindi, con impegno, di liberarmi e liberarci da questo scomodo fardello, una volta per tutte, per non tornarci mai più sopra. Prendetelo come un rito propiziatorio.

La scorsa settimana mi è girata la testa e due ore dopo ero a letto incapace di muovermi. Per giorni ho ingoiato pappette maledicendo lʼesistenza di ogni parte del mio corpo, e ancora dal letto ho acceso il computer e cominciato a fare ricerca, per capire se stavo morendo. È unʼabitudine.

Durante un viaggio in Marocco, il mio intestino si è trasformato più volte in un sac à poche gocciolante. Quando allʼalba quattro muezzin facevano tuonare la loro preghiera di minareto in minareto, ogni versetto che usciva dagli altoparlanti strizzava liquidi che non credevo miei dallʼintestino direttamente sul letto. Nel fetido albergo in cui ho passato gli ultimi giorni di viaggio, studiare sulla guida turistica le malattie letali del paese mi dava tranquillità. Conosco a menadito sintomi ed effetti di epatiti, ebola, tifo, leishmaniosi, tetano, vaiolo, papilloma… ma non so nulla dellʼinfluenza!

Quando ho cominciato a cercare, mi sono reso conto di aver sottovalutato il problema: lʼinfluenza è la terza causa di morte per patologia infettiva… subito dopo AIDS e tubercolosi?! Ecco aprirsi un vasto mondo scientifico—lʼorigine dei ceppi influenzali, le entità virali, le epidemie e le cure nella storia—i cui confini sʼinterrompono bruscamente su una romantica, prosaica domanda: PERCHÉ QUESTʼANNO LʼINFLUENZA NON HA UN NOME?

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Odio non poter nominare le cose, rende tutto sciatto e approssimativo. Del resto, nella Genesi è questa la prima cosa che fa Adamo: dà un nome a piante e animali. Ieri mattina, al primo che si è informato sul mio stato di salute, ho dovuto rispondere, "Ho contratto una malattia causata da un coacervo di agenti infettivi i cui tre principali esponenti sono di tipo virale, ovvero: A/California/7/2009, A/Victoria/361/2011 e B/Wisconsin/1/2010."

Le tre sigle, come immaginabile, denotano la provenienza dei virus. Per questo taluni l'hanno chiamata “americana,” ma senza troppo successo. Credo che gli USA, dopo Sandy, dopo il rischio Romney, dopo il remake di Total Recall e il ritorno dei Soundgarden, messi in ginocchio pure dallʼinfluenza, non abbiano avuto il cuore di prendersene la responsabilità.

Nel 2009, scampata l'epidemia di suina, è stato creato uno strumento ricco di infografiche per capire e prevedere la diffusione dei virus influenzali. Si chiama Google Flu Trends e non è di Microsoft. Anche se a uso quasi esclusivo di municipi e assicuratori—le influenze stagionali costano diversi miliardi ogni inverno, tra spese ospedaliere, assenze e vaccini—è interessante osservare come cambiano le infezioni di anno in anno. Il GFT elabora anche dati in tempo reale, basandosi sullʼuso di parole chiave nei motori di ricerca incrociate agli indirizzi IP per geolocalizzarle.

Per qualche motivo, però, il nostro Paese è escluso dalla mappa. Avendo tempo possiamo servirci del molto meno leggibile InfluNet: lʼamericana in Italia ha colpito principalmente Campania e Valle dʼAosta, mentre le regioni più salubri sono Puglia e Friuli.

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Ma perché un virus come il morbillo ti viene una volta e poi più, mentre lʼH1N1 continua negli anni a spaccarti la gola? Il problema, lo stesso che vanifica spesso lʼeffetto dei vaccini, è che I VIRUS MUTANO, tanto che non sappiamo neanche bene come classificarli. Come dice John Laroche: “Mutation is fun!”. Andate e moltiplicatevi, ma non dimenticate lʼadattamento.

Prima che l’uomo si adattasse all’influenza spagnola (1918-1919) per esempio, quella si era portata via oltre 20 milioni di persone, battendo il record della peste nera medievale—causata non da un virus ma da un batterio, una variante estinta del moderno Yersinia pestis. Diversamente però dall’influenza, che apre la porta a centinaia di altre infezioni, la peste fa tutto da sola.

L’altra differenza rispetto ai batteri è che i virus, molto più piccoli, interagiscono con le cellule a livello genetico, inserendo il loro DNA nel ciclo riproduttivo. Va bene, anche i batteri Clamidia e Rickettsiae lo fanno, ma solo i virus si posizionano in quello strano limbo tra vita e non vita, tra cellula e molecola: hanno gli acidi nucleici ma devono parassitare per riprodursi—il che li eleva definitivamente a mostri dal grande fascino.

La cosa fastidiosa è che il modo più sicuro per rendersi immuni, nella misura in cui non ti ammazzano, è accettare che ti vivano dentro. L’herpes zoster o Fuoco di Sant’Antonio, altro non è che il virus della varicella (Varicella zoster virus): attenuato dagli anticorpi, diventa ospite del sistema nervoso e lì resta per sempre, dal pannolino al pannolone.

Tolti bambini e anziani, l'influenza di solito passa senza bisogno di vaccini. E anche se vi vaccinate, l’anno dopo siete punto e d’accapo. Stare dietro alle sigle è impossibile: l’A/Wisconsin/15/2009 per esempio, è un ceppo simile all’A/ Perth/16/2009 (H3N2), ma non c’entra nulla con il B/Wisconsin. C’è chi prevede cure universali, utili nei secoli dei secoli, e in teoria basterebbe trovare e neutralizzare l’elemento comune a tutte le varianti virali. Nell’attesa, queste mi sembrano le migliori espressioni del sì e del no al vaccino.

La moviola è convincente, ma un cowboy è un cowboy. La dottoressa a cui ho detto che non faccio mai il vaccino mi ha accusato di manie di onnipotenza e preoccupante masochismo. Forse ha ragione ma, alla peggio, una volta tanto ho potuto posare la sac à poche sul mio confortevole wc, con un computer al posto della solita guida, e consultare il test del Dr. Cimurro.

Fine del rito. Possiamo sigillare per sempre il vaso dei malanni stagionali.

Segui Andrea su Twitter: @cosimospanti