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Perché ci piace tanto credere alle bufale sulla Corea del Nord

Da quella secondo cui il Kim Jong-un recentemente riapparso in pubblico sarebbe un sosia, a quella secondo cui avrebbe dato lo zio in pasto ai cani, tante storie sulla Corea del Nord pubblicate dalle testate occidentali si rivelano false.

Il leader nordcoreano Kim Jong-un con alcuni generali (Immagine via)

Appena Kim Jong-un è ricomparso—paffuto e sorridente come sempre, con un bastone da passeggio—tutti si sono chiesti se fosse proprio lui. Tra le immagini diffuse dalla stampa ce n'erano alcune in cui Kim sembrava pesare almeno 10 chili in meno rispetto a maggio e andava in giro zoppicante come un cucciolo appena castrato.

C’era anche chi suggeriva che quello mostrato nelle immagini fosse un sosia mandato a fare comparsate nei momenti di crisi. Eppure questa è solo l’ultima delle tante bellissime teorie del complotto sulla Corea del Nord, un genere che sta rivaleggiando in quanto a popolarità con la presenza degli alieni nell’Area 51 o di ricchi rettiliani incappucciati del gruppo Bilderberg.

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Un articolo di Adam Cathcart intitolato North Korea Misinformation Bingo riassume in circa venti punti l’enorme carrellata di menzogne divulgate dai media sulla Corea del Nord, prendendo allo stesso tempo in giro l’ossessione dell’Occidente per il paese. Dato che molto spesso non si ha modo di verificare i fatti, chi scrive della Corea del Nord si ritrova a poter scrivere tutto quello che vuole.

Cathcart tocca un punto molto importante: il suo pezzo spiega come il mondo dei media occidentali diffonda (e incoraggi) i meme divertenti e la disinformazione sulla Corea del Nord senza aver mai a che fare con la realtà di quel paese. Ecco perché si è parlato molto della recente scomparsa di Kim Jong-un (a cui anche VICE ha dedicato un articolo): come può andare avanti il teatrino, senza il suo protagonista?

Ovviamente non tutte le notizie provenienti dalla Corea del Nord sono sempre fumose e incerte. Esistono delle dichiarazioni. Per esempio, di recente l’ONU ha smesso di inviare aiuti umanitari, e ora la Cina è praticamente l’unico paese a intrattenere relazioni commerciali con il Paese. Così, i cinesi hanno gioco facile nel vendere i propri prodotti a prezzi esagerati e pagare pochissimo quelli nordcoreani.

I I 20 milioni di nordcoreani che rischiano di morire di fame non sono materiale per barzellette.

Il fatto è che l’idea che abbiamo della Corea del Nord è talmente particolare e distorta—anche per colpa della stessa propaganda nordcoreana—che qualsiasi menzogna può facilmente essere spacciata per verità. Nel 2008, Toshimitsu Shigemura, professore dell’Università di Waseda, ha pubblicato il libro The True Character of Kim Jong-il, in cui si sostiene che il leader nordcoreano sia morto nel 2003 e che sia stato rimpiazzato da un sosia per garantire la stabilità politica. Nel libro afferma che da alcune immagini si noterebbe come il sosia di Kim fosse un paio di centimetri più alto del Caro Leader (e questo senza i famosi tacchi cubani del figlio).

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È a questo libro che risale la teoria del sosia: desiderose di alimentare la propaganda che dipinge la Corea del Nord come zimbello del mondo, testate come il Telegraph hanno affidato a Shigemura un loggione in cui tenere i propri sermoni.

In un'altra occasione, al World Economic Forum di Tainjin, Shigemura ha anche affermato che l’analisi della voce di Kim Jong-il proverebbe che si tratti di un’altra persona—e non, semplicemente, della stessa persona un po’ raffreddata. Seguendo questa logica, per negoziare la liberazione di tre prigionieri americani Bill Clinton si sarebbe incontrato con un sosia.

Un graffito raffigurante Kim II-sung e Kim Jong-iI (Foto via Flickr)

Si dice che Kim Jong-il abbia avuto un infarto nel 2008, eppure l’anno dopo ha effettuato 122 ispezioni ufficiali ad altrettanti cantieri. Per cui, dobbiamo presumere che una delle due cose—la storia dell’infarto o quella delle visite ai cantieri—fosse una menzogna. Oppure, più semplicemente, che Kim avesse dei sosia incaricati di eseguire tali ispezioni.

Ma non è la tesi di Shigemura ad essere risibile; lo sono, piuttosto, le sue fonti. È plausibile che Kim Jong-il sentisse il bisogno di avere dei sosia per la sua sicurezza—dopotutto, avevano tentato di assassinarlo. Il problema è che a dire a Shigemura che Kim Jong-il aveva “almeno quattro” sosia—i quali, ogni volta che comparivano in pubblico, erano sempre accompagnati da un alto ufficiale nordcoreano a tirarne metaforicamente i fili—sarebbe stato un agente segreto nordcoreano (che ovviamente non poteva essere nominato o rintracciato).

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Quando si parla di Corea del Nord, spesso si pecca d’imperizia. Le stesse notizie vengono continuamente riciclate e spacciate per nuove. Otto anni fa, per esempio, una “fonte governativa” avrebbe rivelato all’agenzia di stampa Yonhap che Kim Jong-il aveva almeno due sosia che apparivano in pubblico al suo posto. I sosia sarebbero stati sottoposti a interventi di chirurgia plastica, addestrati a parlare come lui, e fatti comparire in pubblico quando le sue condizioni di salute peggioravano. “Sono uguali a Kim—hanno la stessa età, la stessa altezza, lo stesso taglio di capelli e la stessa pancia,” avrebbe detto la “fonte governativa.”

Ma se fosse vero, come spiegare l’uscita di scena di Kim Jong-il nel 2003? E quella durata tre anni, dal 2008 al momento della sua morte? E quella di Kim Jong-un quest’anno, durata un mese intero?

Non ci vuole un genio per capire che si tratta quasi certamente di falsità dettate dall'ignoranza della realtà del sistema politico del paese. Non è assurdo pensare che se le voci sull’esistenza di uno o più sosia fossero vere, questi sosia comparirebbero nei momenti in cui il leader è malato. Invece, in tutti e tre i casi sopracitati non è comparso alcun sosia. Eppure, nella maggior parte dei casi continuiamo a credere a queste voci.

Si tratta di voci molto diffuse. Hitler aveva Gustav Weler, Winston Churchill incaricava Norman Shelley di leggere i suoi discorsi alla radio. Ma nessuno dei due faceva davvero uso di sosia: si tratta di congetture mai confermate o, più probabilmente, di falsità. Joe R Reeder pensava che Bin Laden avesse addirittura una grotta piena di sosia.

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Nel 2008, quando Kim Jong-il ha avuto un infarto ed è scomparso dai riflettori, Barbara Demick—autrice di Nothing To Envy—era andata a Pyongyang a seguire la vicenda sul posto. A suo dire, nessuno era a conoscenza dei problemi di salute del Caro Leader. “Sono tutte bugie” è quanto di più vicino a una confessione sia riuscita ad ottenere. La buona salute del leader era fondamentale perché i giochi di potere a Pyongyang andassero in porto.

Ho parlato con Demick della possibilità che il Kim Jong-un comparso in pubblico possa essere un sosia. Mi ha detto che secondo lei non è così.

“Non credo che i sosia siano molto usati,” ha continuato. “Altrimenti Kim Jong-un non sarebbe scomparso per 40 giorni. Non penso che il governo nordcoreano sia entusiasta di fronte all’idea di un leader zoppo, soprattutto se così giovane. Invece, tempo fa, c’erano molti sosia di Kim Jong-il in Corea del Sud. Era un travestimento molto diffuso alle feste."

(Foto via Flickr)

La Corea del Nord è un luogo molto particolare. Perciò, non sorprende scoprire che uno dei migliori documenti sul paese sia il romanzo di Adam Johnson, The Orphan Master’s Son. Il libro parla della natura mutevole del governo nordcoreano, con i personaggi che cambiano il nome e l’identità a seconda dei vestiti che indossano. È una rappresentazione perfetta della nostra percezione del paese, ma non del paese stesso. Quando ho discusso con Johnson della possibilità che il suo romanzo si avvicini alla realtà, questi si è detto d’accordo con Demick. “Non sono a conoscenza dell’esistenza di sosia di leader, salvo quelli che aveva Saddam,” ha affermato.

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Il fatto è che nasce tutto da un fraintendimento di quello che è lo scopo di una controfigura di un leader politico—più che altro prendersi le pallottole indirizzate al suo sosia, e alimentare l’idea di un’onnipresenza del leader. Nel 2009, si diceva che anche Barack Obama stesse valutando l’ipotesi di utilizzare un sosia per il gran numero di minacce di morte che riceveva. Ilham Anas, il suo sosia per eccellenza, disse di non voler accettare l'incarico per via dei rischi che comportava.

Potete pensarla come volete sulla politica della Corea del Nord per quanto riguarda il cibo, le armi nucleari o le loro invenzioni—di certo c’è che i nordcoreani non sparano spesso al proprio leader. Non come in Iraq, dove Saddam Hussein aveva buoni motivi per essere preoccupato. Nel settembre 2002, il dott. Dieter Buhmann dell’Università di Homberg ha dichiarato alla televisione tedesca che, dopo aver studiato centinaia di fotografie di Saddam Hussein, aveva scoperto che l’ex presidente iracheno aveva utilizzato almeno tre sosia.

Pare che Saddam, desideroso di mostrarsi come onnipresente sul territorio iracheno, si vantasse spesso del numero di sosia che aveva a disposizione. Più tardi, il suo ex medico personale ha smentito queste voci. Ma che Saddam avesse dei sosia è cosa già più nota.

La presenza dei “falsi villaggi”—come quello di Kijong-dong, allestito nella zona demilitarizzata—per attrarre disertori sudcoreani con la promessa di successi economici, ha forse contribuito all'idea che i leader nordcoreani impieghino una squadra di sosia per mantenere le apparenze. È un'idea certamente molto suggestiva. Ma la Corea del Nord non è suggestiva, è tremenda.

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Le loro preoccupazioni in materia di sicurezza sono molto diverse da quelle che poteva avere Saddam. I Leader (che siano Cari, Supremi o addirittura Onnipotenti) sono sempre presenti, e la loro immagine è ovunque; non hanno bisogno di sosia: la sola idea che siano al comando dello stato è più stabile di qualsiasi presenza fisica. In Corea del Nord i giochi di potere si basano più sull’influenzare che sull’uccidere i leader—se questi devono morire, ciò non avviene alla luce del giorno.

Charlie Chaplin nel 1916 (Foto via)

C’è una bella storia su Charlie Chaplin che ricorda il modo in cui trattiamo la Corea del Nord oggi. Risale all’agosto del 1920, quando Lord Desborough, ubriaco e di buon umore, decise di raccontare un aneddoto: una volta Chaplin—secondo Desborough—si era iscritto a un concorso per sosia di Charlie Chaplin ed era arrivato ventesimo—“un fallimento spaventoso”.

Questa storia, come quelle sull’utilizzo di sosia da parte del regime nordcoreano, è falsa, ma ciò non ha impedito alla stampa britannica, americana e australiana di riportarla come vera. Al giorno d’oggi, è parte integrante del mito di Chaplin—così come l’esistenza di tetri parchi a tema abbandonati, la fucilazione delle popstar e l’intenzione di mandare un uomo sul Sole sono parte di quello nordcoreano.

Se si cerca di identificare le fonti da cui proviene la disinformazione sulla Corea del Nord, si risale inevitabilmente ai media sudcoreani—che non sono proprio interessati a riportare informazioni attendibili sui loro vicini. Ci sono abbastanza indizi che suggeriscono che in Corea del Sud la stampa sia fortemente censurata. L’ultimo di questi è il fatto che al giornalista giapponese Tatsuya Kato sia stato impedito di lasciare il paese per aver “diffamato” Park Guen-hye. Insomma, la stampa sudcoreana non è né libera né priva di scopi politici nel suo agire. Le regole sono semplici: non si può criticare il governo sudcoreano e tutto ciò che può mettere in cattiva luce la Corea del Nord è ben accetto, perché fa buona pubblicità alla Corea del Sud.

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I media occidentali hanno un debole sulle notizie dalla Corea del Nord che nascono in questa regione. Due anni fa, sul social network cinese Weibo aveva iniziato a circolare la notizia dell'uccisione di Kim Jong-un a Pechino. La storia secondo cui lo zio di Kim Jong-un sarebbe stato dato in pasto a 120 cani proveniva dal giornale di Hong Kong Wen Wi Po, ed è vera quanto è vera quella secondo cui una volta Kim Jong-il avrebbe fatto 11 buche in una giocando a golf.

Per James Hoare, incaricato d’affari britannico a Pyongyang durante il regime di Kim Jog-il, la teoria secondo cui la Corea del Nord farebbe uso di sosia politici è "complottista".

“L’unico sosia di cui io abbia mai sentito parlare era un attore che ha recitato nel ruolo di Kim Il-sung ai tempi della guerra,” ha affermato. “In realtà immagino che sia ancora in giro, che lavori per il cinema e per la televisione. Ma non ho mai sentito parlare di un sosia di Kim Jong-il. Dato che ha fatto relativamente poche apparizioni pubbliche rispetto a suo padre e dato che non ha mai recitato in un film, immagino che non ne abbia bisogno. Ma sarebbe stato abbastanza facile da imitare—portava un taglio di capelli piuttosto diffuso. Bastava aggiungere un paio di occhiali scuri e un parka e il gioco era fatto.”

Leggere gli articoli sull’ultima scomparsa di Kim Jong-il è inquietante e familiare allo stesso tempo. Secondo la stampa sudcoreana, la sparizione di Kim Jong-un nel 2014 e quella di Kim Jong-il nel 2003 sono state precedute dagli stessi problemi: diabete, gotta, obesità. Entrambi sono scomparsi a settembre, e per un periodo di tempo molto simile (40 giorni per il Caro Leader, 42 per il Supremo.)

Oggi bisogna andare oltre la percezione comune del regime e valutarlo per com’è veramente. È il momento di considerare la realtà della vita in Corea del Nord invece che le sue false rappresentazioni. E sicuramente, è tempo di raccogliere nuovo materiale.

Segui David Whelan su Twitter: @MrDavidWhelan