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Il jihad, lol

Come ogni anno, durante le vacanze di Natale sono stato colto dalla nostalgia e ho ripensato a certi vecchi amici. Curiosando su Facebook ho scoperto che uno di loro è andato a combattere in Siria, così l'ho contattato e gli ho fatto qualche domanda.

Tutte le foto sono della pagina Facebook di Abu Rachid, a sinistra.

Tra Natale e Capodanno, come ogni anno durante "le feste", sono stato colto dalla nostalgia e ho ripensato a certi vecchi amici. Oziando su Facebook sono andato a curiosare sui profili di gente persa di vista da anni, e mi è venuto in mente un tale di cui non avevo più notizie. Che fine aveva fatto? Cercando il suo nome tra gli amici non l’ho trovato, così sono andato a rovistare tra le vecchie conversazioni nel tentativo di risalire al suo profilo.

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Compariva sotto lo pseudonimo "Abu Rachid" [il nome è stato cambiato], aveva cambiato la sua città in Aleppo e si era fatto crescere la barba. In una delle foto del diario lo si vedeva sfoggiare una bandana nera a bordo di una macchina in compagnia di un tizio dal volto coperto. Era difficile da credere, soprattutto per come ci siamo conosciuti, quando ero ancora uno studente di giornalismo a Lione, nel 2005. Ci eravamo incontrati durante una serata ed eravamo andati insieme a ballare e a bere. Non l’avrei definito un amico, ma mi piaceva, scherzavamo volentieri—era un tipo che la sapeva lunga. Discutevamo spesso di religione, soprattutto dell'Islam, ma lui non sembrava un estremista. Sono anche andato in vacanza da lui, in Marocco, quando in visita da mio padre ad Agadir ne avevo approfittato per trascorrere qualche giorno suo ospite a Tangeri.

Appena un anno fa l’avevo rivisto nel mio quartiere, e saperlo ad Aleppo a combattere mi faceva uno strano effetto. Dice di essere diventato uno dei principali reclutatori di jihadisti francesi in Siria, e durante le nostre conversazioni su Facebook gli ho posto una serie di domande per cercare di capire come mai un giovane ben integrato nella nazione di adozione avesse scelto di partire per portare avanti una guerra in un paese che non era il suo.

Abu Rachid equipaggiato di tutto punto.

VICE: Ciao, come va? Hai un attimo? Volevo farti due domande.
Abou Rachid: Sì, dimmi tutto.

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Bene. Allora, come mai hai deciso di andare a combattere in Siria?
L’ho deciso l’inverno scorso. La guerra mi ha fatto aprire gli occhi. Noi musulmani abbiamo l’obbligo religioso di difenderci. Nell’Islam non ci sono frontiere né nazionalismi: i musulmani sono un’unica grande comunità. Ma l’elemento scatenante è stata la morte di mio cugino di 32 anni. Mi ha ricordato che non siamo che di passaggio su questa Terra e che si può morire da un momento all'altro. Ogni volta mi dicevo: devo smetterla con le stupidaggini e adempiere ai miei doveri religiosi per guadagnare il paradiso, ma rimandavo di continuo… La morte di mio cugino mi ha sbloccato.

Sei partito per la Siria così, senza sapere dove andare, o avevi già dei contatti sul posto?
No,mi sono preparato. Mi sono messo in contatto con una persona che era lì tramite Facebook. Siamo partiti quest’estate con degli altri francesi. E te lo dico: contrariamente a quello che sostengono le autorità francesi, non siamo qui in 700, ma in più di 1000. Ci sono più di 70 nazionalità. Provengono per lo più dall’Arabia Saudita, dalla Tunisia, dalla Libia e dalla Russia. C’è di tutto, davvero: anche cinesi, australiani, canadesi, norvegesi… Questo è un momento storico per la comunità musulmana, un momento che è stato predetto dal nostro profeta e che aspettiamo da secoli. La terza e ultima guerra mondiale è iniziata qui. Il mondo intero contro l’Islam.

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Pensi che prima o poi gli Stati Uniti interverranno?
Non lo penso soltano, ne sono certo. Lo dicono le profezie: il mondo intero si alleerà contro di noi, contro il nemico comune, i cosiddetti terroristi. Vuoi sapere la verità? Bashar è ormai andato. Sono l’Iran e la Russia che sono qui a combattere ribelli e guerriglieri. Anche il PKK è un alleato di Bashar. È solo l’inizio, e presto interverranno gli USA e l’ONU.

Abu Rachid (secondo a sinistra) e il suo team.

Tu sei con lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), è così ?
Ero con loro, ma recentemente io e il mio gruppo abbiamo lasciato l'ISIS per unirci a Jabhat al-Nusra, l'emanazione ufficiale di Al-Qaeda in Siria.

E come mai avete lasciato l’ISIS?
Fondamentalmente è un buon gruppo, ma crediamo ci sia un’infiltrazione al fine di seminare zizzania e distogliere dal vero jihad. Questi scompigli fanno parte delle profezie del Profeta. L'ISIS vuole seppellire Al-Qaeda, è un gruppo pericoloso. I leader vogliono il potere per instaurare una falsa sharia. È una storia lunga, adesso sono dal cellulare ed è un casino scrivere, lol.

Però molti civili siriani sono contro jihadisti e combattenti stranieri tanto quanto sono contro Assad. Cosa ne pensi?
In realtà la maggioranza della popolazione vuole che si instauri un vero Stato islamico comandato dalla sharia, ma non vuole l'ISIS, che ha delle pratiche violente e non islamiche.

Com'è stato lasciare l’ISIS?
Non è stato semplice. I dirigenti mi hanno vietato di parlare. Non si fidavano, visto l’ascendente che avevo su molti. La mia sbruffonaggine mi ha preceduto anche qui, lol. Sono anche riuscito a far dimettere un governatore, Abu Qassim, della regione di Homs.

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Due dei colleghi di Abu Rachid parte dello Jabhat al-Nusra. 

Da un po' di tempo a questa parte il tema dei giovani europei che combattono in Siria è piuttosto trattato sulla stampa. 
Sì, esatto. E [in Francia] sono io il principale reclutatore. I giornali parlano di un tizio nella regione Rodano-Alpi, lol. Non sanno che non sto più lì da un po', ma il Servizio informazioni francese (DCRI) sa tutto.

Ti definisci un reclutatore?
Reclutatore è un parolone. È un termine utilizzato dai giornalisti, ma non è corretto, più che altro si diffonde la parola. Tutti i guerrieri del jihad di cui si parla nei giornali francesi sono passati da me: i dieci ragazzi di Strasburgo, i due di Tolosa, la 16enne e molti altri… Con un fratello ci siamo specializzati nella comunicazione video, ha un impatto maggiore. Il mio ultimo video è “Al Mahdi et le second Khilafah”, lo trovi su YouTube, dura 48 minuti. Vai a darci un’occhiata, è andato bene. Ha incoraggiato molti dei giovani venuti qui negli ultimi mesi.

E come fanno gli stranieri a entrare in Siria?
Basta prendere un biglietto aereo per la Turchia. Passare clandestinamente la frontiera è molto facile. C’è un sistema molto ben rodato. Noi eravamo in cinque. Non sapevamo come passare, eravamo all’inizio di tutta quest’ondata di francesi. Ci ha aiutati uno sconosciuto, un turco. La tariffa media è di 50 dollari, ma molti si fanno fregare. È tutto un business. Da allora sono uscito molte volte dalla Siria per andare in Turchia. Nei miei ultimi passaggi in giornata l'esercito turco si è preso una banconota e via.

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Ma le autorità francesi ne sono al corrente?
Vuoi sapere un segreto? Il DCRI ci lascia fare. Vuoi sapere il perché? La loro politica è: lasciate la Francia, andate a fare il jihad, ma non tornate! Non riescono più a controllare tutta quest’ondata di “giovani radicalizzati.” Per loro è un vantaggio se questi ragazzi abbandonano il territorio francese. “Andate a farvi ammazzare in Siria, che liberazione!” L’unica cosa che temono davvero è che qualcuno faccia attentati sul suolo francese.

Non hai paura di essere arrestato, al tuo ritorno in Francia?
Non penso di tornare presto in Francia. Se torno, mi chiudono in prigione per quindici o vent’anni, con tutte le informazioni che hanno raccolto sul mio conto.

L’ingresso di una delle ville occupate dai combattenti.

Su Facebook ho visto le foto della villa che occupi; non sembra niente male, con la Jacuzzi e tutto. Ma non credi che sia contraddittorio rispetto ai valori dell’islam propagandare un “jihad a 5 stelle”?
La gente non deve mica venire per questo; non sono che bottini di guerra, si può essere in 50 o 60 per baracca. Le cinque stelle sono piuttosto in rapporto alla semplicità di questo jihad rispetto a tutti gli altri. Qui è facile nel senso che non ci manca il cibo e che abbiamo un tetto sulla testa… la chiamiamo la baraka [benedizione]. E poi è facile anche nel senso che qui non siamo faccia a faccia col nemico. Si combatte a centinaia di metri di distanza. Raramente vediamo in faccia il nemico. Quelli che sparano non sanno nemmeno se hanno ucciso.

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Come avvengono i combattimenti nella tua zona?
L’esercito di Bashar non attacca mai, o comunque raramente. A parte i bombardamenti notturni con i carri armati o con gli aerei. Questi bombardamenti hanno luogo quasi sempre dopo il tramonto, per evitare che li si avvisti e che si risponda al fuoco. Ma loro non hanno munizioni infinite, altrimenti bombarderebbero senza sosta. Bombardano principalmente le zone di combattimento. Una delle loro tecniche, quando vogliono bombardare una casa o una base in particolare, è di inviare degli infiltrati a installare microchip che facciano da guida ai missili. È successo con macchine, case…

Una preghiera prima di partire per il combattimento.

Dici che Bashar e i suoi alleati non hanno munizioni all’infinito. Eppure, i loro alleati russi e iraniani potrebbero inviarne. Qual è il problema? L’instradamento delle armi e delle munizioni?
L’instradamento non è un problema. Persino gli USA fanno attenzione alle munizioni, perché costano tanto. Malgrado l’aiuto enorme che ricevono, sono limitati. Per noi ribelli, di qualsiasi gruppo, la tecnica è quella di andare avanti con i kalashnikov e di tirare dritto sulle zone controllate dal nemico. Ti nascondi dietro un muro, spari, avanzi… quelli hanno i loro cecchini nascosti. Sparano da lontano. Ma se si indietreggia, avanzano, guadagnano terreno e allargano le zone di controllo. In certe zone siamo riusciti a farli indietreggiare. Ma io lo chiamo “jihad a rilento”, perché i combattimenti non sono poi così frequenti, in realtà.

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