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"Look up" è il video più stupido dell'anno? O soltanto il più bugiardo?

Ogni settimana il mondo di internet invade le nostre home di Facebook con “sentimentalismi virali” di varia natura. Ora è il turno di "Look Up", un video che esorta a liberarsi della dipendenza dai social network. In rima, per di più.

Come il Nilo esonda recapitando a chi abita sulle sue sponde i cadaveri di animali, così ogni settimana il mondo di internet invade le nostre home di Facebook  con “sentimentalismi virali” di varia natura. L’unica differenza rispetto al Nilo è che internet ci sorprende ogni volta. Dai video di baci finto-spontanei ai selfie con barbone non abbiamo alternativa: ci tocca aspettare a bocca aperta il prossimo regalo della piena. L’ultimo arrivato è, ovviamente, “Look Up”.

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Ho capito quanto fosse promettente quando qualcuno l'ha descritto come “il video che TUTTI dovrebbero vedere. Per la prima volta in vita mia sono rimasto senza parole.” Anche se oramai i commenti del genere coronano praticamente qualsiasi video virale, questo sembrava talmente esagerato e spudorato che ero sicuro celasse dietro di sé una bella montagna di merda. Infatti non sono rimasto deluso.

Un giovane inglese guarda in camera con fare serio e pronuncia queste frasi (in rima): “Ho 422 amici, ma sono comunque solo. Ci parlo tutti i giorni, ma non mi conoscono.” Poi parte un accordo di chitarra, viene mandato in sovrimpressione il titolo del pezzo e il video prende il via.

Gary Turk, preoccupato e con un maglione color ruggine.

Sullo schermo passano una dopo l'altra le immagini di persone con gli smartphone e parchi deserti, mentre l’artista Gary Turk ci recita i suoi versi con voce angosciata. Tra le sue innumerevoli perle, cito “Tutta questa tecnologia non è che un’illusione” o “non diventerai il padre migliore del mondo se non riesci a badare a tuo figlio senza un iPad.”

Per afferrare il concetto di fondo bastano poche frasi (“Alza gli occhi dal cellulare, non lasciare che la tua vita resti intrappolata nella rete”), ma Gary vuole essere sicuro e prosegue a oltranza. A un certo punto si perde in una digressione sulla vita “vera” che potremmo vivere e che invece sprechiamo col naso attaccato allo smartphone: potremmo incontrare la donna della nostra vita, comprare casa con lei e avere dei figli, per poi invecchiare e morire al suo fianco.

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Sono tutte cose più o meno confutabili—se "confutabili" è il termine adatto, perché non credo che la ragione stia tutta da una parte o dall'altra. Ad ogni modo, giusto per farvi un esempio: con Tinder si possono incontrare ancora più ragazze e più velocemente di prima (cosa che senza internet rischia di essere particolarmente difficile) ed è un'app come tante altre, alla portata di tutti.

Vecchi si diventa comunque, con o senza smartphone. Ma ok, il ragazzo non vuole dire che non diventeremmo vecchi; sostiene solo che lo stiamo diventando nella maniera sbagliata: la vita vera ci passa davanti senza che noi ce ne accorgiamo. Non sappiamo più cos’è l’amicizia e non ci arrampichiamo più sugli alberi. Lasciamo per un attimo i computer e gli smartphone! Ricominciamo a conoscere la gente vera!

La cosa sorprendente di questo video, in fondo, non è la sua "falsità". (Ė fatto apposta per diventare virale, e nella descrizione di YouTube il nostro Gary ha giustamente linkato l’indirizzo del suo sito personale e il suo contatto Twitter—ha 2.387 Follower. Niente male per uno che scrive poesie bruttine sui pericoli dei social network.)

Un gruppo di amici in un incontro analogico. Non sembrano felici?

La cosa sorprendente è piuttosto che così tante persone trovino il suo messaggio originale. Non soltanto perché è fondamentalmente privo di senso, ma anche perché il dibattito sulle ripercussioni dei social network sulla vita vera è vecchio come il cucco. Dopo l’uscita del libro Insieme ma soli di Sherry Turkle è ormai noto ai più il nostro essere “connessi, ma soli.” L’autrice ne ha addirittura parlato in un TED-Talk due anni fa! Da allora anche lei, come Gary, continua ad ammorbarci con la storia per cui siamo isolati perché continuiamo a nutrirci dell’illusione dei legami digitali.

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Le amicizie digitali non possono certo rimpiazzare quelle vere e bla bla bla. Ma siamo seri, esiste qualcuno profondamente convinto che la parola “amici” su Facebook abbia davvero lo stesso significato che ha nella vita vera? Non credo. E se ce ne sono, non è certo del video di Gary che hanno bisogno.

A prescindere dal fatto che i social network ci hanno facilitato in molti aspetti della vita (ricerche di case e lavoro, la tanto citata Primavera Araba, lo scambio di informazioni su Breaking Bad e tra gli occupanti di Gezi Park), non c’è alcun dubbio che all’occorrenza possano dare sui nervi. Si deve stare attenti ai propri dati privati (cosa che ormai sanno quasi tutti) e bisogna saper gestire situazioni che in precedenza non si presentavano (tua zia che chiede l’amicizia al tipo che ti ha appena scritto in bacheca). Ma è proprio questo il punto: si tratta di tecnologia, niente di più niente, di meno. Quando per l’ennesima volta qualcuno ti dirà che “la tecnologia è un’illusione”, tiragli pure un iPad in testa.

Se facessi parte della loro cerchia, troverei qualcosa da ridire anche su Angry Birds.

L’assunto che i contatti digitali possano rimpiazzare o limitare quelli reali non regge. Facebook non è un sostituto alla comunicazione reale, solo la sua prosecuzione con altri mezzi.

C’è poco altro da dire: la tecnologia è un mezzo e non è né buona né cattiva. Così come i social network. L’essere continuamente connessi è qualcosa di nuovo, con cui noi tutti dobbiamo imparare a fare i conti. Ma per com’è andata fino ad ora, sembra funzionare piuttosto bene.

Ad eccezione delle quattordicenni e dei consulenti della Silicon Valley tutti sanno che smanettare col cellulare durante una conversazione è da maleducati. Ormai sono più i genitori a usare lo smartphone anche a tavola (e a malapena lo sanno utilizzare); sono loro che non sono ancora abituati agli usi e ai costumi legati alle nuove tecnologie.

L’altra metà della casa è stata divorata da Facebook.

Chi ha la sensazione di trascorrere troppo tempo ad aspettare che gli altri si facciano i fatti propri sullo smartphone, prima di voler abolire una delle più importanti conquiste tecnologiche della nostra generazione dovrebbe semplicemente cambiare amicizie. Non abbiamo mai avuto accesso a così tante informazioni e possibilità di networking come ora. Tutto sta nell'imparare a gestirle. Il motto non è "Look Up“—bensì "Grow Up“. E per Gary: Shut up.