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La colpa non è solo delle Iene

Ieri poco dopo la mezzanotte Le Iene hanno mandato in onda l'atto finale (?) della campagna Stamina, ma quando si parla di responsabilità della popolarità di Vannoni, sono i grossi organi di informazione quelli a cui guardare.

Poco dopo la mezzanotte Le Iene hanno mandato in onda l'atto finale (?) della campagna Stamina portata avanti da quasi un anno dall'unico motivo ormai rimasto per mantenere un Albo dei giornalisti in cui non entrerà mai—che per brevità da ora in avanti chiamerò "Giulio Golia". Il programma è finito da un'ora e ancora mi sto chiedendo a che cazzo ho assistito. Una parodia? Un mea culpa in risposta alle durissime critiche di questi giorni provenienti da scienziati e giornalisti? Un gorilla da due tonnellate che si batte il petto per annunciare alla foresta che vuole tirare avanti per la sua strada? Golia—e quando dico "Golia" intendo l'avatar occupato settimanalmente dal capo autore Davide Parenti—in 30 minuti di monologo è riuscito a prendere con assoluta strafottente convinzione ognuna di queste parti, per poi argomentare esattamente l'opposto pochi secondi dopo.
Momenti altissimi in cui Golia occupava la parte in basso a sinistra dello schermo per sostenere come non avesse mai detto che Stamina era una cura che funzionava, ma poi—taglio—e in alto a destra appariva Golia che ti mostra 23 bambini senza cognome che muovono la rotula e allora vergogna, scienziati che non volete parlare coi genitori e riconoscere la realtà dei fatti! Ed entrambi i Golia pretendevano di aver ragione sull'altro Golia e sulla rispettiva parte di opinione pubblica pro o contro il "Metodo Stamina". Insomma, meno inchiesta giornalistica e più via di mezzo fra una puntata di Twin Peaks coi nani che parlano al contrario e una pièce di teatro sperimentale femminista sulla mai giusta importanza data alla vagina. Verso mezzanotte e mezza Golia stava a un maglione a collo alto di distanza dal dare la colpa al patriarcato e al teatro commerciale per l'esistenza della SMA.

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Ma questa incomprensione de Le Iene su Vannoni è logica. Del resto non puoi pretendere che la tua posizione sia chiara dopo aver dedicato solo 21 servizi all'argomento in un anno di tempo.

L'effetto conclusivo del servizio andato in onda per ultimo, quando alla fine, dopo più di 25 estenuanti minuti, Golia riesce a pronunciare la parola scusa è la realizzazione che nulla ha più senso. Il concetto stesso di chiedere perdono e riconoscere le proprie responsabilità e sbagli acquista, nell'economia di una supercazzola che dura in tutto 31:59 minuti, meno importanza dell'indagine su un orologio rubato a un imprenditore leghista a Scampia.

Perché—come Parenti ha scritto a La Stampa e poi reiterato in diretta attraverso il suo avatar—la colpa delle strazianti barricate davanti a Palazzo Chigi di familiari e malati convinti dalle prodezze della cura miracolosa è colpa solo del Ministero della Salute, quindi dello Stato. Esatto, la scusa "non è stupro, era vestita troppo provocante lei", che pensavi fosse ormai un ricordo fermo alle spiagge del ravennate d'agosto del 1972 esiste ancora e viene usata dai programmi di punta di Italia 1. Perché per un programma che non smette mai di auto-crogiolarsi nella convinzione di fare "contro-informazione" prendere per oro colato delle fotocopie passate da un Ministero, invece di indagare la verità dei fatti, è apparentemente cosa normale. Era troppo succulenta la notizia di un laureato in Lettere e Filosofia che cura malati terminali, non è colpa nostra!

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La responsabilità della popolarità nel nostro paese di Stamina, comunque, non deve ricadere solo su Le Iene. L'onere più grande appartiene ai grossi organi di informazione. Mentre i giornalisti scientifici freelance di piccole realtà editoriali sono andati avanti da soli, per mesi, anche subendo minacce e vessazioni—come Alice Pace o Antonio Scalari—quotidiani, TG e programmi di approfondimento hanno preferito raccontare Stamina in maniera opaca, se non addirittura facendo apparentemente il tifo per Vannoni e i genitori di bambini chiamati solo per nome, durante le varie vittorie giudiziarie di questi mesi. È facile ora spiegare il comportamento dei media istituzionali come "deontologia professionale." Non puoi "prendere le parti" nel raccontare una notizia, ti dicono. Ma se parli dell'allunaggio lunare, non intervisti anche quelli che credono che lo sbarco sia stato girato dentro studi televisivi. Se racconti l'Olocausto non bilanci il tuo pezzo ascoltando dei nazisti negazionisti. Parlare di Stamina, come è stato fatto fino a pochissimo tempo fa da tutti i principali organi di informazione, senza affermare chiaramente che si tratta di pseudoscienza, di olio di serpente, equivale ad asserire queste cose.

Non è un caso che la percezione di Stamina sia mutata adesso fra l'opinione pubblica proprio in coincidenza con il cambio di narrativa di Repubblica, Corriere e Tg1 nei confronti del metodo di Vannoni. Prima a dettare come venisse raccontata la cura erano Le Iene, ora sono i veri giornalisti. Per questo Parenti e Golia sono stato costretti a pronunciare il primo "scusa" della loro vita in un angolo squallido della notte di Italia 1.

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